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Coppia marsalese adotta 3 bambini, ma li maltratta e li picchia: condannati a 1 anno e 6 mesi oltre al mantenimento


Il giudice monocratico Lorenzo Chiaramonte del Tribunale di Marsala, ha condannato ad un anno e mezzo di reclusione, una coppia marsalese per maltrattamenti sui tre figli adottati.

Oltre alla reclusione i due sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al risarcimento danni da quantificare in sede civile, ma con una “provvisionale” (risarcimento danni da pagare subito) di 24 mila euro.

La storia ha dell’incredibile, perché di solito chi si adotta dei bambini, lo fa per uno smisurato amore, ma in questo caso le cose per i tre piccoli sono andati diversamente e sono finiti “dalla padella alla brace”. I tre bambini, di nazionalità polacca, furono adottati dalla coppia marsalese, nel lontano 2004. I piccoli, a causa delle morte del padre, deceduto per un infarto e della madre, disoccupata impossibilitata a mantenerli, in Polonia furono rinchiusi in un istituto di assistenza.

Quando la coppia marsalese chiese di adottarli, pensarono alla svolta della loro vita, ma le cose, per i tre bambini, due femmine di 11 e 9 anni e un maschietto di 3, andarono diversamente. Dalla sera in cui arrivarono nella nuova famiglia, la vita infatti si trasformò in un autentico incubo, tant è che all’età di 15 anni, la più grande scappò più volte da casa.

La coppia, che abita in contrada Cuore di Gesù, è stata processata con le accuse di maltrattamenti, lesioni e minacce. “Arrivammo di sera e ci fecero un po’ di festa – dice la più grande, che adesso ha 25 anni – ma l’indomani la nuova mamma ci diede subito scopa e paletta e ci disse di iniziare a pulire…”.

Ma i tre figli adottivi non sarebbero stati solo costretti a fare le pulizie. Sarebbero stati anche picchiati e minacciati. Non avrebbero potuto, inoltre, frequentare coetanei, parlare la lingua della loro nazione d’origine e sarebbero stati costretti a vivere in un garage “per non sporcare la casa e non mettere disordine”. Poco interessati al loro stato di salute, li avrebbero anche minacciati di cacciarli da casa e di farli tornare nel paese d’origine. La prima a ribellarsi fu anche la prima ad essere ospitata in una “casa famiglia”. Come poi anche la sorella e il fratello. L’indagine è stata coordinata dal pm Silvia Facciotti. Pm in aula Maria Rita Signorato e Francesca Ferro.

Questa la storia, poi il processo, dove la coppia è stata difesa dall’avvocato Manuela Linares, mentre a rappresentare i tre figli adottivi, costituitisi parte civile, sono stati gli avvocati Salvatore e Laura Errera e Marco Perrone.

Durante il processo, l’ex padre adottivo ha ammesso di aver usato la cinghia per picchiare i figli adottivi. “Solo una volta” ha detto in aula. Per l’accusa e le parti civili, però, sarebbe accaduto più volte. Dal processo è, infatti, emerso che la cinghiata non era stata una, ma che più volte la più grande si era presentata a scuola con evidenti segni di cinghiate sulle spalle e questi fatti sono stati ricordati dalle compagne di classe che ricordavano quei segni. Per questo motivo la ragazza scappava da casa. La figlia più grande è riuscita a completare la scuola solo per il supporto della comunità dove è stata collocata. Dopo l’ennesimo atto di violenza che ha portato la sorella minore in ospedale, la stessa ha sporto denuncia raccontando ciò che avevano subito. Pare, comunque, che la più severa fosse la madre.

La vicenda, nel 2014, ha avuto una prima svolta giudiziaria in sede civile, il Tribunale di Marsala infatti condannò i genitori adottivi al mantenimento dei due maggiorenni, ai quali devono versare 300 euro al mese ciascuno. Più che assegno di mantenimento, si può definire un contributo. E proprio a seguito di quanto emerso in sede civile, fu avviato anche il procedimento penale per maltrattamenti adesso approdato finalmente a sentenza.