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ONG recupera 73 migranti davanti la Libia e li porta a Messina


Il gommone “sgonfio” dei migranti è stato soccorso dalla nave ONG Aquarius, in acque internazionali al largo della città libica di Zuara

Un altro salvataggio di migranti, questa volta erano in 73 – tutti trasportati al porto di Messina -, di cui 49 uomini adulti, 12 donne – tra cui due in gravidanza – e 12 presunti minori – di cui 7 non accompagnati.

A trarli in salvo è stata la nave Aquarius, gestita dalle ONG Sos Mediterranee in partnership con Medici Senza Frontiere. Nave Aquarius che appena lo scorso 10 maggio aveva fatto sbarcare altri 105 migranti nel porto di Catania, di cui: 63 uomini adulti, otto donne e 43 presunti minorenni, di cui solo 6 bambini di età inferiore a 13 anni.

Alle 8:00 di questa mattina la Aquarius ha ricevuto la segnalzione di un’imbarcazione in stato di pericolo: si trattava del piccolo gommone risultato “sgonfio” e sovraccarico di migranti. Il salvataggio sarebbe stato effettuato in coordinamento con il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo italiano, nelle acque internazionali a nord della cittadina libica di Zuara, che si trova a 108 km a ovest di Tripoli e 60 km a est del confine con la Tunisia.

Nel tratto di mare interessato dal soccorso sarebbero inoltre state presenti piccole barche da pesca non identificate i cui occupanti non hanno ostacolato il salvataggio dei migranti e quando la ONG ha finito il soccorso,  hanno provveduto a prendere il motore nautico del gommone e la benzina restante a bordo.

Interessante il fatto che il personale della Aquarius abbia mostrato disponibilità a continuare le attività di ricerca e salvataggio, ma abbiano ricevuto l’istruzione dalle autorità italiane a lasciare la zona Sar – zona di ricerca e soccorso – e fare rotta verso i porti italiani senza fermarsi.

Si ipotizza che tale decisione sia stata presa per non avere problemi con la Guardia Costiera libica, che avrebbe potuto creare una situazione simile a quella successa il 15 marzo scorso durante il recupero dell’ultima frazione dei 218 migranti totali recuperati in quella giornata da parte della nave della ong spagnola ProActiva Open Arms, sfuggita ad un inseguimento di una motovedetta libica che minacciava di aprire il fuoco se i membri della ong a bordo non avessero consegnato i migranti recuperati.

Situazione, per chi ha memoria, per la quale oltretutto la Procura di Catania su richiesta del magistrato Zuccaro chiese ed ottenne il sequestro della nave con l’accusa di “associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina”. La nave venne poi dissequestrata – una volta caduta l’accusa di associazione a delinquere e passata l’indagine al competente territorialmente tribunale ibleo – dal Gip di Ragusa, Giovanni Giampiccolo nella cui sentenza ha scritto e motivato che: non si ha prova che si sia pervenuti in Libia ad un assetto accettabile di protezione dei migranti soccorsi in mare. Manca la prova anche della sussistenza di porti sicuri in territorio libico in grado di accogliere i migranti soccorsi nelle acque Sar di competenza nel rispetto dei loro diritti fondamentali. In difetto di tale prova, la scriminante dello stato di necessità rimane in piedi. Nello specifico inoltre, nel fatto che la Open Arms non chiese di poter sbarcare i migranti nel piu’ vicino porto di Malta, venne considerato sia difficile identificare un dolo in ciò, che anche che Malta non si è mai dimostrata particolarmente incline all’accoglienza di migranti

Venne così accettato il principio secondo cui il sottrarsi alle richieste delle autorità libiche da parte della Ong sia stato quasi doveroso per lo “stato di necessità” della situazione, dato che consegnare i migranti – sebbene in acque di presunta competenza libica, o che comunque la Libia come Stato Sovrano rivendica – sarebbe significato consegnarli in mano a delinquenti della peggior specie che non rispettano le norme basilari sui diritti umani. E inoltre passò anche il principio che poter trasportare i migranti fino ai porti italiani non chiedendo prima a porti esteri e più vicini di occuparsene, non è reato, o quantomeno è difficile identificarne un dolo.

Certamente, va anche detto che la diatriba legale – soprattutto sulla “situazione di Malta” – della Open Arms, continua e vedremo come andrà a finire. Il processo contro il dissequestro della nave ONG deciso dal Gip lo scorso 16 aprile è cominciato – dopo un breve rinvio – 3 giorni fa – 11 maggio – presso il tribunale del Riesame di Ragusa. Staremo a vedere, restano due gli indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: il comandante della nave e il capo missione.

Oggi comunque si scopre grazie a varie testate giornalistiche nazionali e regionali, che a dare indicazione di far rotta diretta verso i porti italiani siano state direttamente le autorità italiane; probabilmente per evitare nuovi problemi con i libici.

Insomma, si ha una vaga sensazione che vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare.